Com’è un cervello che non riceve affetto? | Il caso dei bambini negli orfanotrofi dell’est Europa
Se è vero che il nostro cervello è influenzato dall’ambiente che lo circonda in (particolare nel periodo dell’adolescenza) cosa succede quando le condizioni non sono favorevoli? E peggio ancora, cosa succede quando ciò si verifica se siamo bambini?
In uno dei miei articoli passati avevamo visto che il nostro cervello è molto suscettibile a quello che gli succede intorno, soprattutto quando siamo bambini/adolescenti e il suo sviluppo non si è ancora concluso. Avevamo visto il caso dei bambini selvaggi e di tutti i danni che questi hanno poi quando crescono (sotto il video YouTube)
C’era stato chiaro che, in qualche modo, l’ambiente esterno è in grado di agire sul nostro cervello e anzi, se vogliamo essere più precisi, il nostro cervello ha la capacità di adattarsi (v. neuroplasticità) a tutte le condizioni nelle quali si trova a operare, siano esse favorevoli o sfavorevoli.
Questo, a livello biologico, si traduce in una serie di processi che avvengono nella nostra testa per esempio nella mielinizzazione dei fasci assonici che collegano le diverse aree cerebrali. Si tratta, in breve, della formazione di mielina intorno agli assoni dei neuroni. La ricordate no? La guaina della quale abbiamo parlato in diversi articoli.
Oggi, però, che cosa vedremo? Be’ cercheremo di fare una ricapitolazione su alcuni studi (v. sotto) che riguardano un momento particolare della nostra vita che è ovviamente la fanciullezza ma lo faremo prendendo a mo’ di esempio i bambini che vivono negli orfanotrofi e in modo particolare quelli che si sono trovati ad affrontare gravi carenze affettive.
Alcuni di questi studi si sono concentrati sulla situazione di minori cresciuti negli orfanotrofi di alcuni Paesi dell’Europa orientale. Questi bambini, stando ai dati emersi, soffrivano di gravi carenze affettive ma una cosa interessante emerge dagli studi biologici effettuati. I bambini adottati provenienti da istituti di questo tipo mostrano dei deficit molto marcati nello sviluppo delle connessioni tra le varie aree cerebrali. Per arrivare a questa conclusione è stato necessario l’intervento di più gruppi di ricerca che mediante una serie di tecniche sono andati a indagare la sostanza bianca nel cervello dei bambini (quella parte del nostro cervello nella quale si trovano tutti i fasci degli assoni con mielina dei nostri neuroni che mettono in comunicazione tra loro le diverse regioni del cervello e non solo).
Da questi studi è emerso che la sostanza bianca dei bambini cresciuti negli orfanotrofi era diversa rispetto a quella di bambini cresciuti in situazioni più favorevoli. A questo punto vi starete sicuramente chiedendo come sia stato possibile capire questa cosa e quindi quale tecnica sia stata utilizzata.
Bene, se vogliamo usare paroloni altisonanti diremo una tecnica di imaging con tensore di diffusione ma, siccome il parlar chiaro è fatto per gli amici, diremo semplicemente una parolina magica: trattografia.
Ciò che ci basterà sapere è che si tratta di un particolare tipo di risonanza magnetica in grado di ricreare delle immagini tridimensionali che ci permettono di osservare la quantità e soprattutto la qualità di comunicazioni che avvengono tra le diverse aree del nostro cervello (v. qui)
Ma, la cosa più interessante di questa tecnica è che sfrutta la capacità delle molecole di acqua di potersi muovere all’interno dei nostri tessuti biologici nei quali le molecole di acqua non sono libere di muoversi. Tutto questo a causa della presenza di membrane biologiche e diversi tipi di strutture che possono essere sia presenti all’interno della cellula stessa sia presenti in cellule diverse comunicanti tra loro. Strutture queste che impediscono il libero movimento delle molecole di acqua.
Proprio per questo motivo è possibile osservare quella che viene definita isotropia dei movimenti, ovvero: le molecole di acqua sembrerebbero muoversi senza nessuna direzione in particolare in tutte e tre le dimensioni che definiscono lo spazio a disposizione per i movimenti. Nel caso invece noi andiamo a considerare delle strutture anatomiche omogenee (ovvero delle strutture anatomiche ben definite) come possono essere, per esempio, i fasci di fibre nervose (i neuroni) quello che si può osservare è un’anisotropia, ovvero il contrario dell’isotropia.
Ma di che si tratta?
Molto semplicemente grazie all’anisotropia le molecole di acqua hanno una direzionalità cioè si muovono secondo delle strade ben definite. Questa direzionalità si riflette nella loro diffusione che viene appunto utilizzata per creare le immagini 3D tipiche della trattografia.
Ovviamente come ce la siamo raccontata in questo articolo è molto semplice. La realtà è diversa perché si tratta di una tecnica intorno alla quale c’è una buona dose di teoria molto complicata.
Una cosa davvero particolare riguarda il fatto che secondo alcuni studi l’anisotropia delle connessioni cerebrali dei bambini provenienti dagli orfanotrofi dell’Europa orientale non sembra migliorare neanche dopo che i bambini siano stati adottati e abbiano ricevuto delle cure eccellenti da parte delle famiglie adottive.
Lo so, l’articolo di oggi, ci ha messo un po’ di tristezza addosso ma, per dovere di cronaca era utile raccontarci anche un aspetto non troppo felice del nostro cervello. Quello che ci siamo raccontati, però, lo avete capito avvalora ancora di più l’ipotesi che il nostro cervello è influenzabile, si adatta alle condizioni e che c’è ancora da studiare, tanto per cambiare.
Bibliografia:
Abnormal Brain Connectivity in Children After Early Severe Socioemotional Deprivation: A Diffusion Tensor Imaging Study (https://pediatrics.aappublications.org/content/117/6/2093.short)
Microstructural Abnormalities in Language and Limbic Pathways in Orphanage-Reared Children: A Diffusion Tensor Imaging Study (https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0883073812474098)