Medici e principio di autorità: due facce di una medaglia molto pericolosa

“Sono Mario Rossi, ho una laurea in medicina conseguita con lode all’università Federico II di Napoli, una specializzazione in diabetologia e un master alla medical school della Cornell University a New York. Io so di vaccini, conosco la medicina e posso parlare di scienza. Voi, invece, da poveri e comuni mortali, non capite un c***o e fareste bene a stare zitti.”

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Ciao a tutti. Tranquilli, non sono impazzito. C’è una spiegazione al perché io vi abbia introdotto all’argomento di oggi in maniera così brutale e voglio provare a condividere con voi qualcosa alla quale abbiamo assistito tanto nel corso degli ultimi due anni. Quello che vi ho mostrato altro non è che un esempio palese (nonché dei più classici) di “principio di autorità”.

Per capire di cosa parliamo cerchiamo di inquadrare un attimo il contesto per poi fare un salto indietro nel tempo, lì in quel momento dove ha inizio la storia di oggi.

Se fossimo tutti appassionati di storia della filosofia sapremmo che il principio di autorità viene espresso soprattutto in quei casi in cui ci sono delle controversie, dei punti poco chiari sui quali non si è tutti d’accordo che però possono essere risolti ricorrendo alla citazione di testi e fonti considerate particolarmente autorevoli. Se questa cosa la dice tizio X, che ha una certa importanza, che riveste un certo ruolo di prestigio, allora è vera, non c’è bisogno di discutere oltre.

Tutto questo succedeva particolarmente con le quaestiones e le disputationes tipiche della scolastica medioevale, ovvero la filosofia cristiana medioevale, grazie alla quale si sviluppò il metodo di pensiero dello scolasticismo, detto anche scolastico.

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Tutto ciò con la scienza o meglio, con la comunicazione della scienza, cosa c’entra? Ci arriviamo.

Se pensate che il principio di autorità fosse qualcosa tipico solo della filosofia vi sbagliate perché riuscì a trovare una propria ragion d’essere anche nelle questioni scientifiche dove, all’inizio, prevaleva solo ed esclusivamente la “verità” espressa nelle Sacre Scritture. Ma perché questo succedeva? Be’ succedeva perché la regola vigente prevedeva la natura divina dell’origine proprio delle Sacre Scritture. Confutarle significava confutare, in un certo modo, l’operato di Dio ma, siccome si trattava di verità che erano oggetto di fede, non potevano essere assolutamente messe in discussione.

Qualcosa si muove, però, con la rivoluzione scientifica da parte di due personaggi: Galileo Galilei e Francis Bacon, per noi italiani Francesco Bacone. Grazie proprio alla rivoluzione scientifica sarà chiara una cosa: la scienza non può e non deve essere sottoposta ad alcun principio di autorità per dare validità alle sue leggi. Questo perché la verifica sperimentale vale molto di più di qualsiasi autorità. Queste parole che ho appena pronunciato non sono mie, mettiamolo in chiaro, ma appartengono proprio a Galileo Galilei e furono scritte all’interno delle sue Lettere copernicane.

Un altro personaggio si è poi espresso sul principio di autorità, Blaise Pascal.

Vi lascio qui un PDF dove potete leggere un frammento della prefazione del suo Trattato sul vuoto. Questo file si intitola “nell’indagine fisica non vale l’autorità”. Secondo Pascal il principio di autorità può valere per alcuni tipi di scienze come la storia, la geografia, la giurisprudenza, le lingue e la teologia, dove «si cerca di sapere soltanto ciò che gli autori hanno scritto»: per altri tipi di scienze, invece, come la geometria, l’aritmetica, la musica, la medicina, l’architettura o la fisica non si può ricorrere all’autorità poiché questi campi del sapere si diversificano e progrediscono nel tempo tramite l’esperienza e i nuovi strumenti di ricerca. Ma che significa? Secondo Pascal non è possibile sottoporre quella che noi oggi siamo soliti chiamare “scienza” al principio di autorità per una ragione semplicissima: la scienza o, se proprio vogliamo, la ricerca scientifica, si evolvono, mutano, cambiano nel tempo fondamentalmente per un fattore: ogni epoca, ogni età mette a disposizione della scienza degli strumenti differenti e sempre nuovi per poter indagare la realtà, per poter capire il mondo.

Ora, potremmo stare delle ore a discutere su questa visione che Pascal ha della storia, della giurisprudenza o delle lingue, ma, purtroppo, non ho le conoscenze adeguate per potervene parlare. Finirei col raccontarvi solo qualche mia opinione personale e, sinceramente, non voglio farlo. Quello che posso fare, invece, è raccontarvi qualcosa sul principio di autorità e sulla scienza.

Ricordate, quando all’inizio dell’articolo, vi avevo detto che nel corso degli ultimi due anni siamo stati spettatori del principio di autorità nella scienza? Ecco, vi faccio qualche esempio e vi do qualche nome.

Aprile 2020. Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina nel 2008, insieme a Françoise Barré-Sinoussi, per aver scoperto nel 1983 il virus dell’HIV, ha dichiarato in un’intervista che la diffusione del Coronavirus è stata un errore umano degli scienziati che cercavano di mettere a punto un vaccino, proprio contro l’AIDS e ha usato queste parole: “Un lavoro da apprendisti stregoni”.  Inutile dirvi che la comunità internazionale degli scienziati ha replicato compatta a queste affermazioni, per di più infondate.

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31 maggio 2020. “Il  virus è clinicamente inesistente, perché nel MIO ospedale da un mese non entra un paziente da ricoverare per Covid”. Queste sono state le parole di Alberto Zangrillo, anestesista e rianimatore dell’ospedale San Raffaele di Milano. Qualche giorno dopo, in barba a qualsiasi buona norma di comunicazione della scienza, Matteo Bassetti, infettivologo e professore ordinario all’università di Genova, pronunciò queste parole su La7, ospite di Massimo Giletti: “se sommate il MIO h-index con quello di Zangrillo raggiungete un valore altissimo, tra i più alti al mondo. Sappiamo di cosa parliamo quando ci chiedete di virus”.

Ora, se tutto quello che ci siamo detti fino a ora vi è abbastanza chiaro capite benissimo come, in entrambi i casi, il principio di autorità (sottolineato tutte e due le volte dall’aggettivo MIO) sia stato il leit motiv delle loro parole.

Traduciamo: io sono l’esperto, io vedo le cose quindi io ho ragione.

Sia ben chiaro, il mio non è un attacco ad personam ne a Montagnier, ne Zangrillo ne a Bassetti. Rispetto in parte il loro lavoro (e qui mi riferisco soprattutto a Montagnier), rispetto la loro professionalità ma non condivido per nulla il loro modello comunicativo. Modello comunicativo, tra l’altro, tipico anche di un’altra persona che, parliamoci chiaro, di danni, durante questi mesi, ne ha fatti e continua a farne.

“Propongo una colletta per pagare ai no-vax gli abbonamenti a Netflix per quando, dal 5 agosto, saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci”. Forse lo sapevate già, forse vi era sfuggito, non lo so ma, sta di fatto che questo è stato un tweet di Roberto Burioni, sì il virologo “famoso” della TV.Sulla base della sua affermazione, dall’alto della sua posizione, capite benissimo che, nella sua visione, i vaccinati sono i buoni, i novax i sorci. Attenzione, parlo da persona vaccinata, provax, pro scienza e pro ricerca scientifica: io non condivido per nulla la scelta di non vaccinarsi ma mai mi sognerei di usare un linguaggio del genere nei confronti di persone che guardano il mondo con occhi diversi dai miei. Soprattutto se mi è stata regalata una certa importanza mediatica. Che poi, parliamoci chiaro, qui di regalato non c’è niente.

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Vi chiedo scusa se tutti gli esempi che ho citato riguardano dei medici. Io ho un profondo rispetto per i medici, quelli con la M maiuscola, quelli che sanno ascoltare quando è il momento di ascoltare, sanno tacere quando è il momento di tacere e che sanno intervenire quando è loro richiesto e, soprattutto, quando sono competenti nel farlo.

Va be’, lo avete capito, anch’io ho un bias con i medici.

Potrei continuare e citarvi tanti altri esempi di questo tipo ma credo che il concetto sia chiaro: il principio di autorità non vale. Mai. Che io sia medico, professore universitario, avvocato, biologo, geologo, premio nobel o qualunque professione voi vogliate non ho e non posso avere sempre ragione. 

Quello che racconto, specie se si tratta di scienza, non è sempre la verità assoluta perché “lo dico io”. Può essere la verità o, comunque qualcosa che si avvicina il più possibile alla verità, se parlo con i dati alla mano e, soprattutto, se ho ben chiaro che la realtà è un sistema di sistemi complessi e la complessità non si risolvere con l’ ”io so” ma con il “noi cerchiamo di capire insieme”.

Insomma, l’ipse dixit, in questo caso, proprio non regge.